Cosa significa il progetto della Juventus Next Gen per il calcio italiano

Quando è nata nel 2018, la Juventus Under-23 era un’autentica e assoluta novità nel panorama calcistico italiano. Oggi – dopo 5 stagioni e quasi 30 giovani calciatori che hanno esordito tra i grandi tra Serie A, UEFA Champions League e Coppa Italia – la seconda squadra bianconera ha attraversato un rebranding e alzato anche un trofeo, rimanendo sì un unicum nel nostro Paese, ma dimostrando soprattutto la grande utilità di una formazione che si pone in un livello intermedio tra il calcio giovanile e la prima squadra.

Non è un semplice cambio di denominazione, dopo quattro anni di storia: con questo renaming, la società punta a consolidare il proprio brand sul progetto (l’unico in Italia che consente ai giovani di fare un passaggio intermedio tra settore giovanile e prima squadra) e a proporre un nuovo concetto di gestione dei propri talenti prossimi al salto nel calcio che conta

La formazione esiste dal 2018, quando la FIGC ha reintrodotto la presenza delle seconde squadre. Il primo allenatore è stato Mauro Zironelli, seguito poi da Fabio Pecchia e successivamente da Lamberto Zauli fino ad arrivare a Massimo Brambilla che è stato il tecnico per la stagione 2022/23 conclusasi con un tredicesimo posto in Serie C e una finale in Coppa Italia Serie C. Nella sua breve storia, la seconda squadra della Juventus ha vinto la Coppa Italia di Serie C nel 2019/2020, battendo in finale la Ternana. Punti e posizione in classifica sono stati sempre in crescita nel corso degli anni: il miglior risultato, raggiunto in due occasioni, è stato il secondo turno nazionale dei playoff promozione.

Dopo 7 stagioni nelle giovanili dell’Atalanta, Brambilla ha preso le redini della Juventus Next Gen, raccontando che cosa significa questa squadra ai microfoni delle Cronache di Spogliatoio. Provate a fare un nome di un giocatore uscito dal vivaio dell’Atalanta negli ultimi 7 anni: ecco, sicuramente sarà passato dalle sue mani. Anche per questo, a Vinovo hanno scelto lui per continuare il progetto Next Gen tra consacrazioni e risultati. «Anche per me è l’esordio in una prima squadra e, a livello di lavoro, ci sono poche differenza tra la Primavera e quello che stiamo facendo adesso. Dobbiamo lavorare sulla crescita dei ragazzi sotto tutti gli aspetti, ma quello che cambia e che qui il risultato conta». Il vero salto sta nella competitività: «Affrontiamo partite toste, contro rose che lottano per salire oppure non retrocedere. La differenza sta in questo concetto. Il lavoro in settimana è poco diverso, ma la domenica i calciatori possono capire davvero quello che serve per diventare grandi. Sei in un campionato dove il risultato conta, la classifica ha un peso importante. In Primavera, se perdi, alla fine non succede niente».

Ma il ruolo della Next Gen è davvero così importante? «Il salto tra la Primavera e la prima squadra è troppo difficile. Certo, ci sono le eccezioni, quelli che possono permetterselo. Questa rosa è nata per questo motivo, per porsi nel mezzo. Deve essere funzionale alla crescita, inserire lo stacco della C rispetto a una realtà giovanile. Sono campionati completamente diversi. In C trovi tattica e fisicità differenti, così come il modo di interpretare le gare. È come confrontare il giorno con la notte. Chi arriva dalla Primavera, inizialmente qualcosa concede e soffre: una volta che ti adatti, migliori a vista d’occhio, specialmente perché a quest’età sei in perenne evoluzione».

Per ogni ragazzo, la strategia è mirata «attraverso confronti con lo staff, che trasmette alla rosa le competenze per affrontare ogni aspetto della vita da calciatore». Spesso capita di lasciare il centro sportivo di Vinovo, un autentico gioiello all’avanguardia, per andare in stadi problematici in C. Una forte contrapposizione «che serve ai ragazzi per capire cosa li aspetta fuori, che non è tutto dorato come alla Juventus e che la realtà, se si vuole arrivare in alto, è diversa. Allenatori e dirigenti lo ricordano spesso, ma solo quando toccano con mano se ne rendono conto. I miei sono mentalizzati, ho un gruppo serio che si rende conto che qui da noi non è la normalità».

Alla Juventus, tutto è volto per farli rendere e crescere al meglio: «Il nostro compito è metterli nelle condizioni idonee per esprimersi e prendere coscienza. Vogliamo che si responsabilizzino. Se un ragazzo sale in prima squadra, quando scende deve dare ancor di più per dimostrare di poter tornare nuovamente sopra, e così via. A volte fare la spola può essere destabilizzante, e in quel momento comprendiamo una parte dello stato di crescita del calciatore. Sanno quello che li aspetta e devono andare ancora più forte».

Insomma, secondo Brambilla la seconda squadra è un ottimo modo di inserirsi in un contesto professionistico: «Basta guardare all’estero, tanti giocatori di prima divisione sono passati dalle seconde squadre dei loro Paesi. Non dobbiamo uniformare la crescita di nessuno. Ci sono giovani che dopo 6 mesi di Primavera possono andare in Serie A, altri che hanno bisogno di un anno in Primavera e poi in seconda squadra, altri ancora di farne due in Primavera. Sono le società che devono dotarsi di dirigenti che sanno di calcio e sappiano decidere profilo per profilo qual è davvero la strada giusta da percorrere».

Attualmente è ancora allenatore della Juventus NextGen, confermandolo dopo l’ottima stagione passata per continuare il progetto insieme alla nuova presidenza di Gianluca Ferrero dopo tredici anni di presidenza di Andrea Agnelli.

Massimo Brambilla, crediti Internet

La casa della Next Gen è lo Juventus Training Center di Vinovo, la vecchia sede della squadra maggiore prima del trasferimento alla Continassa. Nato nel 2006, vive un primo importante intervento nel 2009, quando la palazzina che ospita l’area di uffici e spogliatoi destinati al mondo Juventus Youth si amplia, mentre nel 2013 vengono creati il J|College – che in seguito si trasferirà nell’area della Continassa – e il vicino refettorio. I campi sono otto, di cui 2 dotati di tribune, una di 400 posti e l’altra – quella dell’Ale&Ricky – capace di ospitare 200 persone sedute e un totale di 498 se si considerano anche in posti in piedi; due campi sono sintetici, invece gli altri in erba, di cui due riscaldati.

La Juventus Next Gen gioca le proprie partite allo stadio ‘Moccagatta’ di Alessandria, che rispetta i parametri richiesti dalla FIGC per la Serie C. Nella terza serie, i calciatori compiono un passo intermedio verso il grande calcio. Tanti di loro riescono ad allenarsi con la Prima Squadra, alcuni di loro riescono ad esordire – come nel caso di Niccolò Fagioli o di Fabio Miretti – e qualcun altro – ultimo in ordine di tempo, Samuel Iling-Junior – anche a rimanere nella rosa e affermarsi tra le maglie dei titolari. 

Il miglioramento continuo è frutto della programmazione che il club ha continuato a fare andando ben oltre i risultati di campo, partendo dalle categorie d’età precedenti. Il focus del progetto è rimasto sempre fedele alla formazione del calciatore: la nuova Juventus Next Gen di Massimo Brambilla, fresco di riconferma, è una macchina ben collaudata che viaggia spedita e punta ad essere una guida per il futuro del calcio italiano.

Elementi raccolti grazie a https://www.juventus.com, https://www.cronachedispogliatoio.it/ e https://www.gazzetta.it/

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